martedì 13 dicembre 2011

La Saggezza dell'aquila



In un luogo molto lontano, al di fuori di tutte mappe conosciute, vi era un parco vastissimo e meraviglioso dove il piccolo Peter andava ogni giorno a trascorrere qualche ora con il nonno. L’erba era verde e si estendeva fino all’orizzonte, fra pianure e dolci colline dalla cui sommità Peter amava correre con tutto il fiato che aveva. E vi erano, qua e là, aiuole con fiori stranissimi e straordinari, dai mille petali di tutti i colori dell’arcobaleno. Il bambino adorava quel parco ed il nonno era felice di accompagnarlo. Camminavano per un po’, mano nella mano, poi il nonno si sedeva su una panchina di legno mentre Peter scorrazzava felice nella sua collinetta. Non c’era mai nessuno, tranne loro. E null’altro che erba, un’erba verde tenerissima, e fiori dai mille petali colorati. E quell’unica panchina.



Un giorno, appena Peter ed il nonno entrarono nel parco videro in lontananza qualcosa che fino al giorno prima non c’era. Era un maestoso albero, che sembrava avvicinarsi a loro e farsi sempre più grandioso man mano che procedevano. Peter era spaventato, cominciò a tremare e strinse più forte la mano del nonno. “Cos’è, nonno, questo gigantesco albero? Chi l’ha piantato? Ieri non c’era, vero nonno? Ho paura!” “Quante domande - lo rassicurò il nonno - andiamo avanti, osserviamo meglio e cerchiamo di capire”. Arrivarono vicinissimi all’albero e ne furono sbalorditi. L’albero era grandioso ed impressionante. Il tronco poteva essere abbracciato solo da una moltitudine di bambini in girotondo, tanto era ampia la sua circonferenza. La corteccia era rugosa e disegnata di strane linee. La chioma invece svettava verso il cielo con una miriade di rami, ramoscelli e fronde enormi. Dall’albero proveniva una melodia di mille suoni diversi tra loro eppure in perfetta sintonia. Era un canto, un cinguettio, una musica soave. “Nonno - ripeté Peter sempre più spaventato - cos’è, dimmelo!” Il nonno gli sorrise dolcemente e mentre sorrideva una Grande Aquila dalle ali d’oro comparve improvvisamente dalla chioma dell’albero, scendendo dal ramo più in alto e mostrandosi a Peter in tutta la sua regalità.



“Non aver paura, bambino mio. Questo è l’albero della Vita e non può intimorirti. E’ sempre stato qui, anche se tu non lo avevi mai visto prima d’ora. Era qui da sempre. E’ un albero maestoso, che si erge verso il cielo e possiede una quantità mai vista di rami che permettono a migliaia uccelli di ripararsi e di riposarsi dopo i loro lunghi voli da un Continente all’altro, da un Oceano all’altro. Sarebbe impossibile contare tutti i rami. E vedi le radici imponenti che s’intuiscono sotto il terreno?” “Si”- rispose Peter. “Deve possedere per forza delle radici che arrivano molto, ma molto in profondità per sostenere una così immensa chioma. Come farebbe altrimenti? Sai, Peter, l’albero accarezza il cielo con i rami ed ha radici che sfiorano il cuore della terra. Per arrivare in alto, più in alto possibile, vicino alle nuvole, nell’azzurro infinito, occorre scendere bene in profondità, scavando e scavando ancora, fino ad raggiungere il fondo. Solo così l’Albero della Vita sarà solido e stabile. Solo così vivrà per sempre, fra le intemperie ed i venti gelidi del Nord. Soltanto conoscendo l'oscurità nel ventre della nuda terra riuscirà a toccare pienamente la vastità ed il mistero sopra di noi. Non dimenticarlo mai, Peter. Mai. Tu lo vedi solo oggi perché solo oggi sei pronto per vedere. L’Amore di tuo nonno ti ha guidato fin qui, sostenendoti ogni giorno nel cammino, mano nella mano, stringendoti forte e donandoti una consapevolezza nuova. Finalmente i tuoi occhi puri riescono a scorgere ciò che c’è sempre stato. E’ il tuo cuore a vedere attraverso i tuoi occhi, ora. Lassù, tra il fogliame, è il Paradiso dove dimorano Vita ed Amore, lo stesso che ora è in te. Lì c’è l’oasi che tutti gli uccelli in volo cercano, lì c’è una luce avvolgente e calda che filtra tra le fronde riscaldando ed abbracciando le anime stanche".



Peter non aveva più paura, la voce dell’Aquila lo aveva tranquillizzato e rassicurato. Lasciò la mano del nonno e chiese ancora “E tu abiti lassù, fra le foglie?”, “No - rispose l’Aquila accarezzando dolcemente con la sua ala il volto di Peter ancora bagnato di lacrime - io sono un’Aquila senza nido, non ho dimora. Volo nei cieli infiniti, senza mai fermarmi e osservo il mondo”. “E com’è il mondo, visto dal cielo?” - chiese ancora il bambino, emozionato “Deve essere bellissimo!”

“E' molto più piccolo di quanto sembri caro Peter e si riescono a cogliere un'infinità di cose da quella prospettiva. Cose che da vicino sfuggono, cose davanti alle quali si passa ogni giorno senza accorgersi che ci sono come quest’albero. C’è sempre stato, ma tu non lo scorgevi, mentre gli uccelli potevano vederlo e raggiungerlo per ristorarsi all’ombra delle sue foglie. Ora puoi vederlo anche tu. Adesso che il nonno non stringe più la tua mano sei libero di volare ad ali spiegate con me, al mio fianco senza più paura mio piccolo uomo”.

E così il piccolo Peter e la Grande Aquila dalle ali d'oro si alzarono in volo, insieme, uno accanto all’altro, mentre il nonno rimase a guardarli a testa in su, sorridendo. Nello stesso istante dalle foglie rigogliose dell’albero si levò un canto celestiale, una festa di note per le anime pure. Fu melodia di pianoforte e di violini, mentre due puntini sempre più piccoli s’allontanavano nell'azzurro abbagliante del cielo.



da Maya per AquilaSenzaNido